Sapere che tutto cambia non basta, occorre vivere il cambiamento, accoglierlo, passarci dentro: la vita è cambiamento.
Si perdono oggetti, ricordi, facoltà, affetti; si perde il lavoro, la casa, la libertà, la pace e l’autonomia; si perde l’amicizia e si perde l’amore. E poi si incontrano persone e idee, luoghi e nuove scelte possibili, si scopre qualcuno o qualcosa che prima non si conosceva, ci si ri-scopre capaci di pensare e agire di fronte a nuove situazioni di vita. Tristezza e sorpresa del vivere.
E’ nella natura delle cose l’alternanza, è nel respiro della natura come per la luce e il buio, la sazietà e la fame, il pieno e il vuoto, il caldo e il freddo….
Quel che ci auguriamo è che il trauma, doloroso, della morte intesa come perdita, possa essere causa di apertura al nuovo che ci attende: questa crescita necessita del suo tempo ed è inevitabile, come inevitabile è la morte biologica, il fine vita.
La perdita fa sentire la lontananza, l’allontanamento e l’abbandono agiti sia in senso transitivo che intransitivo: il coraggio induce a com-prendere il dolore, assegnandogli un senso, trasformandolo in nuova opportunità, aprendo lo sguardo su prospettive in precedenza mai immaginate o perlomeno improbabili.
In Salutogenesi si tende a ricercare quel che genera la salute (e quindi la vita, quel che occorre alla vita) piuttosto che a concentrarsi solo sui limiti e sulle cause delle malattie, mantenere la capacità di aver fiducia nella vita, saper attribuire senso a quel che accade contribuisce infatti a mantenerci in salute. E così anche quel che sembrava perso si rivela e rimane nel ricordo della esperienza passata nella ripetizione di un gesto, un colore, una voce: così preziosi nella memoria della nostra storia personale familiare e collettiva. Anche la conquista comporta una perdita: quel che prima davamo per acquisito ora non lo è più: il compito evolutivo ci porta ad attraversare le fasi della vita e i suoi traguardi in una progressione naturale: accettare e desiderare questo è il battito della vita. Il nuovo non è altro che qualcosa o qualcuno che si avvicina, al quale ci avviciniamo: esso viene nello spazio rimasto vuoto, uno spazio che non può rimanere tale.
Del resto non saremo mai sicuri di niente, basti pensare agli accadimenti avvenuti negli ultimi anni segnati prima dal Covid poi dalla ripresa delle guerre. Eventi accompagnati tutti da sentimenti di paura, dolore, annichilimento per le decine di migliaia di vite spezzate all’improvviso senza la possibilità di un commiato degno di questo nome. Eppure con questa incertezza possiamo e dobbiamo imparare a convivere anche se ci darebbe più sicurezza il sapere di essere noi i padroni del nostro destino (in qualche modo lo siamo, perché abbiamo sempre la possibilità di scegliere se reagire mettendo in moto altra rabbia in un circolo vizioso che alimenta i conflitti o se rispondere, e come, cercando altre soluzioni, forse più impegnative ma che ci riconnettono alla nostra più profonda umanità).
Confidiamo che le interviste e gli articoli presenti in questo numero di Il Ronzio, su un tema universale e complesso come quello della perdita, qui esplorato attraverso le voci di professionisti afferenti ad alveari diversi, possa consentirvi di rallentare il passo, sostare nella quiete e ascoltare ciò che risuona, ricordando che la vita è cambiamento: nulla è per sempre e tutto continua. La comunità si occupa di formare i giovani, non solo dal punto di vista delle competenze, ma anche affinandone la sensibilità e incoraggiandoli a celebrare la vita in ogni sua fase e gradazione, evitando di appiattirsi o rincorrere un mero sensazionalismo e tracciando insieme direzioni di senso. E tutto …scorre!
Di Monica Colli e Maria Grazia Alloisio